Il distacco: quando un amore finisce

divorziati-1Le storie d’amore possono finire. Poco male quando la cosa succede da entrambe le parti e ci si lascia di comune accordo. Quando invece si è lasciati, allora non è più un semplice dolore: l’angoscia di essere abbandonati può divenire una vera malattia, una frattura che spezza la vita in due (prima e dopo l’abbandono), lasciando svuotati e confusi.

Anche biochimicamente le cose cambiano nell’organismo: durante l’innamoramento si ha un aumento della produzione di endorfine e di feniletilamina (con conseguente senso di benessere, euforia, vitalità e desiderio sessuale); quando la relazione finisce, per contro, si ha un crollo dei livelli di queste sostanze (con conseguente ansia, apatia, senso di frustrazione, irritabilità…).

Che fare?

Bisogna riuscire a convertire la “separazione-frustrazione ” in “separazione-operazione attiva “; che vuol dire alcune cose come:

* concedersi un giusto “periodo di lutto ” (un tempo adeguato per poter elaborare l’infelicità)

* farsene una ragione (trovare una spiegazione, capire, e apprendere dall’esperienza della perdita)

* prendere l’iniziativa , affrontare la situazione, piuttosto che lasciarsi andare, autodistruggersi…

* adottare la filosofia (dell’antica Cina) “può essere una disgrazia, può essere una fortuna “

* viversi il tempo come alleato per cicatrizzare la ferita

* far leva sulle forze residue per prendere in mano la situazione, accettando l’evento traumatico come una sfida, verso ulteriori traguardi possibili, poiché “la vita continua “, ed è l’unica che abbiamo.

Perché una storia di coppia finisce, un amore muore, un matrimonio finisce?

Si possono cercare molte spiegazioni e trovare molte griglie di lettura: ma è importante capire , è rilevante – per apprendere dall’esperienza – analizzare alcune ipotesi di ricerca dell’evento “separazione“. Fra i molti approcci possibili, se ne propongo tre: uno d’ispirazione psicanalitica, l’altro più legato alla ricerca empirica, il terzo – infine – di tipo storico-evolutivo.

Approccio d’ispirazione psicanalitica

Si può sottintendere l’idea che la disfunzionalità della coppia sia da collegare a immaturità evolutiva, o a vera e propria patologia, per il prevalere dei giochi inconsci nel rapporto; ecco brevemente la tipologia mutuata da questa ottica:

* Il primo tipo di relazione è la cosiddetta “collusione narcisistica “. In questo rapporto l’amore è inteso prevalentemente in funzione simbiotica, “amore come essere uno “, e comporta abitualmente un partner schizoide. L’unione simbiotica è un rapporto sado-masochista (dove il più forte fagocita il più debole) e in cui va perduta l’identità e la “noità” della coppia (l’essere noi). La relazione matura comporta invece una unione nella distinzione, il rispetto dell’altro come distinto, l’accettazione della diversità, ecc.

* Un secondo tipo di relazione è la cosiddetta “collusione orale “: qui l’amore è concepito come “aver cura dell’altro”. E’ un amore di tipo materno, che comporta un partner a struttura depressiva, autodenegantesi. L’amore maturo invece è caratterizzato da mutualità, reciprocità, essere contemporaneamente soggetto e oggetto nella relazione; non solo capacità di dare, ma anche di ricevere.

* Un terzo tipo di relazione è la cosiddetta “collusione sadico-anale “. Qui l’amore è inteso come possesso totale ; l’oggetto dell’amore è considerato proprio dominio e tenuto continuamente sotto il proprio controllo. Questa relazione comporta un partner a struttura ossessiva. L’amore maturo invece è caratterizzato da libertà, autonomia, fiducia. Mutualità, interdipendenza reciproca di due soggetti indipendenti e liberi.

* Un quarto tipo di relazione è la cosiddetta “collusione fallico-edipica “ dove l’amore è vissuto soprattutto come autoaffermazione antagonista (virile) e il partner è vissuto sostanzialmente come rivale e luogo della propria affermazione. Questa relazione contempla un partner a struttura isterica.

6a00e54fb68ba8883400e554b87e4f8833-800wiL’amore maturo è caratterizzato invece da solidarietà, compartecipazione, parità di possibilità di autorealizzazione al cento per cento. Senza eccessiva competitività. La mancata evoluzione verso un rapporto d’amore più maturo può condurre alla crisi di coppia; le tecniche per rimettere in movimento la maturazione bloccata (ove ciò è possibile) si rifanno alle varie metodologie d’intervento e alle varie scuole di psicologia.

Approccio legato alla ricerca empirica

In questo approccio, più legato alla ricerca empirica, è sottintesa l’idea che molto spesso le relazioni falliscano perché la scelta è stata fatta in base a quello che conta di più nell’immediato e non a quello che conta di più nel lungo periodo.

Sternberg , Professore di psicologia e pedagogia a Jale, ha teorizzato, suffragato da alcune sue recenti ricerche, un concetto di amore completo , sulla base di tre componenti fondamentali: limpegno come componente cognitiva, l’intimità come componente emotiva e la passione come componente motivazionale dell’amore. Si può visualizzare l’amore come un triangolo in cui quanto maggiori sono impegno-intimità-passione, tanto più grande è il triangolo e più intenso l’amore.

Da questa teoria scaturisce una tipologia collegata alla combinazione dei tre diversi fattori, dando luogo a otto possibili tipi di relazione.

* La prima è “l’assenza di amore “: tutte e tre le componenti mancano; è la situazione della grande maggioranza delle nostre relazioni personali, casuali o funzionali.

* Il secondo tipo è la “simpatia “. C’è solo l’intimità , si può parlare con una persona, parlare di noi, ci si riferisce ai sentimenti che si provano in una autentica amicizia e comporta cose come la vicinanza, il calore umano (ma non i sentimenti forti della passione e dell’impegno).

* Il terzo tipo è “l’infatuazione “: quando c’è solo la passione . Quell’amore a prima vista che può nascere all’istante e svanire con la stessa rapidità. Vi interviene una intensa eccitazione fisiologica, ma senza intimità o impegno . La passione è come una droga, rapida a svilupparsi e rapida a spegnersi, brucia alla svelta e dopo un po’ non fa più l’effetto che si voleva: ci si abitua, arriva l’assuefazione.

* “L’amore vuoto ” è il quarto tipo di relazione, dove l’impegno è privo di intimità e di passione : tutto quello che rimane è l’impegno a restare insieme. Un rapporto stagnante che si osserva talora in certe coppie sposate da molti anni: un tempo c’era l’intimità, ma ormai non si parlano più; c’era la passione, ma anche quella si è spenta da un pezzo.

* “L’amore romantico “ è una combinazione di intimità e di passione (tipo Giulietta e Romeo). Più di una infatuazione, è vicinanza e simpatia, con l’aggiunta dell’attrazione fisica e dell’eccitazione, ma senza l’impegno, come un’avventura estiva che si sa che finisce.

* “Amore fatuo ” è quello che comporta la passione e l’impegno, ma senza intimità . E’ l’amore da fotoromanzo: i due si incontrano, dopo una settimana sono fidanzati, e dopo un mese si sposano. S’impegnano reciprocamente in base all’attrazione fisica., ma dato che l’intimità ha bisogno di tempo per svilupparsi, manca il nucleo emotivo su cui può reggersi l’impegno. E’ un tipo d’amore che di solito non dà buon esito nel lungo periodo.

* “Sodalizio d’amore “ è chiamato un rapporto d’intimità e impegno reciproco, ma senza passione . E’ come un’amicizia destinata a durare nel tempo. Quel tipo di amore che spesso si osserva nei matrimoni dove l’attrazione fisica è scomparsa.

* Infine quando tutti e tre gli elementi si combinano in una relazione, abbiamo quello che Sternberg chiama “amore perfetto o completo “. Raggiungere un perfetto amore, dice quest’autore, è come cercare di perdere un po’ di peso, difficile ma non impossibile; la cosa davvero ardua è mantenere il peso forma una volta che ci si è arrivati o tenere in vita un amore completo quando lo si è raggiunto.

E’ un compito aperto, non una tappa raggiunta una volta per tutte. In questa visione, l’indice più valido per predire la felicità di una relazione è dato dalla consonanza tra triangolo ideale passivo (i sentimenti che si desiderano dall’altro) e il triangolo percepito (i sentimenti che si presuppongono dall’altro). La relazione tende a finir male se non c’è corrispondenza tra quello che si vuole dall’altro e quello che si pensa di riceverne: chiunque ha amato senza essere ricambiato altrettanto, sa quanto può essere frustrante.

Alle volte si potrebbe consigliare di ridurre le proprie aspettative e diminuire il proprio coinvolgimento: ma è un consiglio difficile da seguire. In USA metà dei matrimoni finiscono in divorzio e anche chi non divorzia non è detto che viva in una coppia molto felice. La gente è davvero così stupida da fare sempre la scelta sbagliata? Probabilmente no: il fatto è che sceglie troppo spesso in base a quello che conta di più nell’immediato. Ma quello che conta nel lungo periodo è diverso: i fattori che contano cambiano, cambiano le persone e cambiano le relazioni.

Nella ricerca fatta sui fattori che tendono a diventare più importanti con l’andare del tempo, si sono rilevati questi tre:

* la disponibilità a cambiare in funzione delle esigenze dell’altro

* la disponibilità ad accettare le sue imperfezioni

* la comunanza di valori, specie quelli religiosi.

Queste sono cose che è difficile giudicare all’inizio di una relazione: l’idea che l’amore vinca tutti gli ostacoli è molto romantica, ma poco reale. Quando si devono prendere delle decisioni, quando arrivano i figli e si devono fare alcune scelte, una cosa che sembrava poco importante, lo diventa.

Altri fattori invece nel lungo periodo diventano secondari: come l’idea che l’altro sia “interessante” (all’inizio c’è il timore che se cala l’interesse la relazione svanisce). In realtà quasi tutto tende a diminuire col tempo (nelle coppie studiate statisticamente): calano la capacità di comunicare, l’attrazione fisica, il piacere di stare insieme, gli interessi in comune, la capacità di ascoltare, il rispetto reciproco, il trasporto romantico… può essere deprimente, ma è importante fin dall’inizio sapere che cosa aspettarsi col tempo, avere aspettative realistiche circa quello che si potrà ottenere e quello che finirà con l’essere più importante a lungo andare.

Cosa fare allora per migliorare un rapporto di coppia?

Sternberg propone un ultimo triangolo: quello dell’azione. Spesso c’è un bel salto fra pensiero, sentimento e azione. Le nostre azioni non sempre rispecchiano i nostri sentimenti, per cui può essere utile sapere quali atti sono specificamente associati alle varie componenti dell’amore.

couple_showerzLa passione richiederà il contatto fisico, la sessualità, la varietà e non la monotonia dei comportamenti sessuali. L’intimità richiederà la comunicazione dei propri sentimenti interiori, l’offerta del sostegno emotivo, la condivisione del proprio tempo e delle proprie cose.

L’impegno , infine, comporterà il fidanzamento, il matrimonio, la fedeltà, la capacità di superare i momenti difficili, la capacità di trovare un valido compromesso nelle diverse legittime esigenze ed aspirazioni.

E’ importante esprimere l’amore nei comportamenti perché il modo in cui ci comportiamo plasma i nostri modi di pensare e di sentire, forse non meno di quanto ciò che pensiamo e proviamo plasma le nostre azioni (se non agisci come pensi, finirai per pensare come agisci).

Inoltre certe azioni portano ad altre azioni: le espressioni d’amore dell’uno influiscono su ciò che l’altro pensa di lui (sui sentimenti e sui comportamenti dell’altro nei suoi confronti) dando luogo così ad una serie di azioni che si rinforzano a vicenda. E’ necessario dare importanza alle espressioni d’amore. Senza espressione anche il più grande amore può morire.

Approccio Storico-Evolutivo

Questo approccio, per capire la crisi di coppia, è stato sviluppato dal Prof. Mario Bertini dell’Università di Roma.

L’idea che guida questa analisi è che la coppia tradizionale spesso entra in crisi e può morire a motivo della forte contrattualità , statica e consumistica, che sta al fondo di questa relazione: un disegno di norme latenti che modellano con forte direttività la relazione stessa.

Bertini fa notare che storicamente, superato il modello di tipo vittoriano dell’epoca precedente (rigidità dei ruoli e soggezione globale della donna), tra le due guerre, si è venuto affermando un modello apparentemente (e in parte obiettivamente) liberatorio , ma portante alla base, filtrata attraverso le varie ideologie post-freudiane e il consumismo capitalistico di ispirazione nord americana, una contrattualità implicita bloccante e mortificante .

E’ la cultura romantica dei fiori bianchi, dell’abito bianco di nozze, della fedeltà reciproca a tutti i costi, della felicità di stare insieme… (concomitantemente a questo mutamento di prospettiva, e apparentemente in modo contraddittorio, aumenta la conflittualità, la coppia è sempre più in crisi).

E’ come se la coppia dicesse: “Dopo tanto laborioso cammino, finalmente siamo approdati a questo meraviglioso giardino recintato dove tutto si può godere. Protetti dal nostro amore e dalla consistenza del contratto . Il compito che ci sta davanti è finalmente quello di godere “consumando” insieme tutto quello che ci viene chiesto è di rispettare le regole di non uscire dal recinto e di sacrificarsi l’un l’altro , sicuri che l’amore riuscirà a far superare ogni ostacolo”.

E’ un atteggiamento di base dettato dal consumismo imperante nella cultura odierna. E’ una visione statica, “di morte”, ispirata all’ideologia del mercato che fa del matrimonio (invece che una fase cruciale per lo sviluppo della persona), un punto di stasi , entro cui godere e consumare dei vantaggi acquisiti.

Quali sono queste norme contrattuali implicite nella relazione tradizionale? O. Neill le indica così:

1- norma – possesso o proprietà del partner : marito e moglie sono reciprocamente vincolati nel “tu mi appartieni” . E’ una concezione tipicamente statica del rapporto, dove le tentazioni simbiotiche riaffiorano, mortificando in vario modo la realizzazione personale.

2- norma – denegazione del proprio sé . Al contratto insensibilmente si finisce per sacrificare la propria identità personale : “Sono pronto a sacrificarmi per te, a rinunciare a questa mia esigenza a vantaggio della nostra unione”; sembrerebbe altruismo e generosità, invece è una concezione di morte ad ispirare questa norma. Il solco che separa masochismo e altruismo è sottile, ma profondo è il baratro sotteso.

Chi si dispone a coartare, a sacrificare la propria identità e il proprio bisogno di realizzazione, forse riuscirà a salvare formalmente la propria unione, ma preparerà l’atrofia dell’unione stessa. L’altro cresce non nella misura in cui l’uno si sacrifica, ma nella misura in cui si realizza nel rapporto stesso.

3- norma – mantenimento del fronte-coppia . “Come gemelli siamesi noi dobbiamo sempre apparire come coppia”. Il matrimonio in sé diventa la carta d’identità, come se uno non esistesse senza di esso.

4- norma –comportamento rigidamente ispirato al ruolo . I compiti e le prestazioni varie sono predeterminate dagli stereotipi di mascolinità e femminilità. L’alibi del ruolo serve così a eludere il rischio di una implicazione interpersonale più profonda.

5- norma – fedeltà assoluta . Fisicamente e psicologicamente obbligante, mediante coercizione morale, se non fisica, piuttosto che frutto di libera scelta e di maturazione.

6- norma – esclusivismo totale . “Lo stare insieme ad ogni costo e sempre, anche se forzato, finirà per salvaguardare l’unione, qualunque cosa accada”.

Questa cappa di normatività estrinseca, al servizio di un intimismo consumistico, va smascherata, perché prepara la stasi, la morte della coppia. Va affermata invece una visione del matrimonio di tipo evolutivo, come tappa di sviluppo, non come traguardo definitivo (NB: bisogna “investire” meno nel matrimonio).

Ci sono due concezioni dello sviluppo della personalità : una impostazione per così dire “accrescitiva ” di sviluppo, (di significato passivo), conservatrice e sostanzialmente statica. Il bambino è concepito come un uomo in miniatura e lo sviluppo un fenomeno statico lineare di crescita di una struttura che sostanzialmente è identica a sé stessa, si muove solo nel senso di un accrescimento quantitativo.

In contrapposizione a questa posizione accrescitiva si è venuta affermando una visione dinamica dello sviluppo della personalità, intesa come un processo continuo di trasformazione e di evoluzione. L’uomo quindi non si accresce, ma evolve; la sua legge non è la statica prevedibilità, ma il cambiamento. Lungo questa linea incessante di progresso si misura il cammino agile della personalità verso la sua liberazione nel senso del passaggio da situazioni di dipendenza (eteronomia), verso forme sempre più evolute di autodeterminazione razionale e creativa (autonomia).

Alla radice della logica conservatrice, accrescitiva, si nasconde la paura come molla che blocca il progresso della persona. Paura di lasciarsi andare fluidamente nel gioco rischioso della libertà: paura di abbandonare le vecchie certezze, paura di affrontare il vuoto senza rischiarsi verso nuovi orizzonti creativi. Invece, molla traente della prospettiva dinamica dello sviluppo è la speranza .

Speranza che dopo aver lasciato il braccio della madre (la morte ha questa certezza), c’è la scoperta dell’autonomia. Dopo la morte la risurrezione. Quella speranza che (come osserva Erikson ) “è la più precoce e indispensabile virtù inerente allo stato di essere vivi “. Quella speranza che una volta stabilita come qualità “basica” dell’esperienza, rimane viva anche indipendentemente dalla verificabilità delle “speranze”.

Il rischio liberante della innovazione continua , sotto l’impulso della speranza, costituisce quindi una prima chiave interpretativa importante per l’analisi della coppia in crisi. A questo rischio si contrappone (nell’impostazione statica-conservatrice) il “bisogno di controllo” di sé stessi e degli altri.

L’evoluzione, la realizzazione della persona, non si attua tuttavia nel vuoto: l’uomo cambia ed evolve in un rapporto di coesione con gli altri. Il bisogno di coesione è fondante lo sviluppo a patto che avvenga nella dimensione della mutualità . La mutualità può essere concepita come una relazione un cui due membri dipendono l’uno dall’altro per lo sviluppo delle rispettive potenzialità (interdipendenza).

Questo principio ci fa capire che non è tanto nella misura in cui uno dà o si mortifica per l’altro che l’altro cresce, ma nella misura piuttosto in cui uno si “realizza” nel rapporto con l’altro, che l’altro cresce. Il contrario della mutualità è la pretesa che l’altro cambi senza il rischio partecipativo del proprio cambiamento nel rapporto stesso. Non ha senso dire: “ho la speranza che la mia donna sarà più donativa”, ma nella misura in cui rischiandomi nel rapporto, io stesso divento più donativo, in quella misura si cresce entrambi.

La garanzia quindi dello sviluppo sembra fondarsi in relazioni di reciprocità, in cui al di fuori di ogni logica prevaricatrice, la realizzazione di sé passa attraverso la realizzazione dell’altro e viceversa. Questo sono due chiavi normative ideali che possono innovare profondamente il rapporto di coppia: accettazione della vita come processo continuo di innovazione nella speranza e convinzione che la crescita autentica non avviene se non nel rispetto della mutualità .

Accettazione della vita non come processo statico di accrescimento, ma come processo dinamico di innovazione nella mutualità : questa chiave di lettura ci consente di prendere coscienza di ciò che è morto nel modello tradizionale di relazione di coppia e di individuare le linee emergenti di un significativo salto evolutivo. E’ in questa luce che andranno rivisti i concetti stessi di fiducia, di sessualità, di ruolo, di uguaglianza nella coppia.

A cura del Dott. Cesare De Monti

Fonte: http://www.benessere.com