La vulnerabilità di chi vive da solo

woman-looking-in-mirror-wondering-about-her-alcohol-abuseNel panorama della popolazione italiana degli ultimi anni si è progressivamente diffusa e affermata, tanto per l’uomo che per la donna, la condizione di chi vive come single, sancita dall’assenza di una stabile relazione affettiva.

Secondo una stima dell’ISTAT realizzata nel periodo 2001-2002, il fenomeno dei single è in aumento e le persone sole sono più di 5 milioni, pari al 21,7% della popolazione totale.

All’origine del fenomeno è possibile individuare alcuni fattori legati in prevalenza ai cambiamenti culturali della società, considerato che il bisogno di essere in due è culturalmente determinato ed è parte dell’ereditarietà biologica legata alla sopravvivenza della specie e dell’individuo.

Tra i fattori più rilevanti, sono da annoverare la minore rigidità dei ruoli di genere, la liberalizzazione sessuale, la maggiore autonomia femminile e una diminuita sicurezza maschile che può implicare anche problematiche sessuali di tipo disfunzionale (Pasini, 1988; Dèttore, 2000).

Il comportamento, per quanto concerne l’aspetto motivazionale, presenta diverse spiegazioni. Secondo i risultati di un’indagine di pochi anni fa, la scelta di essere single può essere principalmente determinata da elementi quali il concetto di libertà, i sentimenti di insofferenza per la convivenza, l’assenza di un partner rispondente alle aspettative personali (Cafaro, 1992).

La situazione di single può quindi costituire una vocazione profonda, rappresentare la scelta di chi non intende realizzare una relazione stabile o formare una famiglia, sovente per dare spazio alla carriera e garantirsi maggiori opportunità di autonomia. Infine, può essere vissuta come isolamento e oppressione, quando non corrisponde a una vera e propria scelta ma deriva principalmente da difficoltà nello stabilire relazioni sessuoaffettive durature (Miceli, 2004).

Così, il peso e la tensione possono diventare insopportabili per chi non riesce ad affrontare e superare positivamente la solitudine e la sensazione soggettiva di essere tagliati fuori dal mondo degli altri e di non avere nessuno a cui rivolgersi (Goleman, 1996).

Ma come viene vissuta realmente la condizione di single? E’ una situazione di benessere e di completa realizzazione oppure presenta disagi, ansietà e altre conseguenze negative sul piano psicologico?

Una ricerca recente pubblicata dalla Rivista di Sessuologia Clinica (XI, 2002/2, Franco Angeli Ed.) si è proposta di valutare gli aspetti psicologici legati alla condizione di single rilevando nei due generi la soddisfazione e l’eventuale presenza di disagio sessuale e relazionale, di tratti di personalità ed elementi ansioso-depressivi, attraverso un confronto del profilo psicosessuale e socio-affettivo di uomini e donne.

I risultati della ricerca confermano una diversa vulnerabilità in ambito relazionale e sessuale nei due generi, insieme ad aspetti personologici disfunzionali associati alla condizione di single.

La ricerca ha preso avvio dalla considerazione che i ruoli di genere, distintivi di una certa cultura, hanno assunto nel tempo un carattere di minore rigidità influenzando probabilmente la sessualità di uomini e donne e, in particolare, la condizione del single.

Le ipotesi iniziali formulate per la ricerca, sono state rivolte a verificare l’esistenza di “differenze di genere per gli aspetti della sessualità e della personalità, e quanto il livello di soddisfazione per la condizione di single possa essere associato a disagio sessuorelazionale o a elementi ansiosi o depressivi” (Lepri et al., 2004).

L’indagine ha riguardato un campione composto di 131 studenti universitari dei due sessi (56 maschi e 75 femmine) iscritti ai primi anni del Corso di Laurea in Psicologia dell’Università di Cagliari, in situazione di single da almeno sei mesi, di età media 22,5 anni (DS ± 4,7).

Al campione scelto per l’indagine è stata somministrata una batteria di strumenti comprendente il test SESAMO (Sexuality Evaluation Schedule Assessment Monitoring), utilizzato per inquadrare globalmente la situazione del soggetto in esame, registrando accuratamente la presenza, la tipologia e la consistenza di segnali di disagio, riconducibili alla sfera sessuale e/o all’aspetto affettivo-relazionale; il test MMPI per i tratti di personalità; lo STAI per la valutazione di elementi ansiosi; il BDI per misurare la sintomatologia depressiva.

Le diverse dimensioni interessate dalla ricerca ed esplorate tramite il questionario SESAMO (Boccadoro, 1996), risultano nel profilo idiografico psicosessuale e socioaffettivo della persona esaminata. Nell’insieme gli ambiti indagati dal test sono:

* rapporti sociali, contesto ambientale, nucleo familiare del soggetto;

* aspetti della sessualità remota (vissuto corporeo, masturbazione e senso di colpa, identità psicosessuale, esperienze traumatiche);

* aspetti della sessualità recente (parafilie, desiderio, piacere, immaginario erotico, tendenze sublimative, atteggiamento relazionale);

* motivazione al questionario; situazione di single;

* gravidanza, contraccezione;

* anamnesi medico-sessuale (stato ansioso, depressivo, malattie sofferte ed esami per l’indagine gineco-andrologica, abitudini tossicologiche, ecc.).

Per ulteriori approfondimenti circa le caratteristiche di Sesamo, si rimanda all’articolo “Una metodica per l’indagine sessuorelazionale”, di R. Vignati. e L. Boccadoro, Rivista di Sessuologia, vol.21, n.4, 1997. pp.17-34, Clueb, Bologna. Il clinico può inoltre consultare la versione più ampia del test in versione informatizzata (SESAMO_Win, Forma Estesa) e anche un articolo che lo presenta (Vignati, 2002).

I risultati della ricerca, per quanto concerne gli aspetti sessuorelazionali analizzati da Sesamo, segnalano che nel confronto tra i soggetti di genere maschile e femminile il maggiore disagio è presente nel gruppo maschile, e si evidenzia nelle aree delle esperienze scolastico-professionali, nell’ambiente di vita e nella gestione del tempo libero. La frustrazione che ne consegue potrebbe tendere a influenzare in modo negativo le relazioni interpersonali e sociali.

Le modalità di ricerca soggettiva del piacere presentano uno scostamento dalla normale funzionalità sessuale (sia reale che fantasticata), sebbene non arrivino a toccare l’ambito patologico, rappresentato ad esempio dalle parafilie (Stoller, 1978; Simonelli et al., 2000).

Per quanto riguarda le esperienze sessuali pregresse, gli uomini ammettono un vissuto negativo delle prime esperienze, a volte sperimentate in modo traumatico e con la comparsa di disfunzioni sessuali, quali eiaculazione precoce, ritardata o assente, impotenza, anedonia. In accordo con gli esiti di altre ricerche analoghe e con la specifica letteratura scientifica, viene confermato che le prime esperienze fallimentari in campo sessuale costituiscono una premessa per la sviluppo delle disfunzioni sessuali (Kaplan, 1976; Petruccelli, 1996).

Nei soggetti femminili indagati, le attività autoerotiche precedenti risultano problematiche, anche in relazione al contesto educativo e sociale repressivo che ha provocato inibizione e colpevolizzazione (Rifelli, 1998). Per il gruppo femminile ciò che riveste maggiore interesse, nella motivazione alla compilazione del test, è il bisogno di verificare l’adeguamento delle proprie caratteristiche sessuali alla normalità.

In assenza di una relazione affettiva stabile, l’uomo vive un senso di frustrazione e disagio, in buona parte derivanti dall’insoddisfazione per le proprie condizioni di vita, ma anche a causa della ridotta possibilità di poter sublimare l’energia sessuale attraverso attività compensative. Questo spostamento invece riesce di più alla donna che, investendo maggiormente negli interessi sociali, assegna al legame affettivo una posizione di minor importanza.

I dati conclusivi della ricerca consentono di delineare una situazione di disagio diffuso per quanto riguarda il profilo sessuale e relazionale della donna e dell’uomo single. In quest’ultimo gli aspetti socio-caratteriali distintivi vengono accentuati, sia per la sessualità pregressa, sia per quella attuale, ma soprattutto per la frustrazione derivante dalla bassa frequenza e qualità dei rapporti sessuali. La sottopolazione maschile, presa in esame, rivela un atteggiamento maggiormente difensivo volto a fornire un’immagine di sé socialmente adeguata.

Inoltre, la condizione di single fa risaltare alcuni tratti di personalità nevrotica che si riallacciano alle difficoltà relazionali: elementi paranoici di sospettosità e permalosità, ansia, bassa autostima, indecisione, tendenza all’isolamento o a comportamenti stravaganti (Lepri et al., 2004)

Gli autori della ricerca, in base ai dati raccolti tramite i test, concludono affermando che la maggiore insoddisfazione del vivere single non deriva tanto dal fatto che c’è una “scelta” razionale di libertà, come invece sostengono alcune indagini (ad es. il 2° Rapporto ASPER, 1992), quanto dal fatto che il single si trovi in circostanze che non consentono troppo di decidere, e quindi si tratterebbe di una “non scelta” di stare solo. Una situazione che può comunque peggiorare quando esistono condizioni socio-ambientali avverse, come l’isolamento sociale, fattori economici, situazioni invalidanti, svantaggio culturale, ecc.

La vita da soli, dunque, presenta diversi aspetti di vulnerabilità e difficoltà, e l’esperienza del single non concede molto spazio a quei sentimenti di gioia e di pieno appagamento che sempre seguono il soddisfacimento di un bisogno o la realizzazione di un desiderio.

dott. Renato Vignati, Psicologo Psicoterapeuta, Fermo (AP)

Fonte: http://www.psiconline.it