Genitori ed educazione all’affettività

healthy_children Dare il permesso di esistere. Sembra un’ovvietà, ma non lo è. Spesso noi genitori vogliamo che i nostri figli siano quello che vogliamo noi; non gli diamo il permesso di essere quello che sono, anche diversi da noi.

Questo non significa che dobbiamo esentarci da ogni impegno educativo. Direi che i momenti educativi più importanti cominciano sin dalla prima infanzia.

Anzi, sin dalla gravidanza la mamma trasmette messaggi al proprio figlio che porta.  Comunque facciamo attenzione ai nostri bimbi che hanno meno di cinque anni, perché percepiscono molti messaggi educativi o diseducativi. – Saper dire dei “No”. Si fa prima a dire sempre “Sì”. Dire “No” significa opporsi e poi spiegare.  Comunque, non bisogna mai dire “No” e aggiungere «Stai zitto ché sei piccolo». Troppi bimbi l’hanno di vinta perché snervano i genitori, fin quando questi ultimi cedono alle loro richieste.

Questo non è educare: così le richieste e le pretese dei figli saranno destinate ad aumentare sempre più.  Questo non è preparare i nostri figli alla vita, dove sempre ci sono regole e sacrifici. Occorre far imparare cosa è la vita sin da piccoli.

Fermezza educativa. Non vuol dire impedire sempre e tutto o dire sempre “No”. Vuol dire essere fermi e coerenti sui principi. La coerenza è molto, molto importante. I nostri figli hanno come delle antenne che percepiscono, non solo dalle nostre parole, ma anche dal nostro atteggiamento se siamo coerenti. I nostri figli ci conoscono meglio di noi.

Questo vuol dire che non possiamo educare e trasmettere qualcosa in cui noi non crediamo per primi. Viceversa, i valori e le cose a cui crediamo veramente li trasmettiamo quasi in maniera inconsapevole.  Ad esempio: non posso dire a mio figlio «Vai in chiesa» e poi noi genitori per primi non ci andiamo…

Amare con cuore di padre. Si tratta di valorizzare il senso di sacrificio.  Bisogna saper chiedere ai figli dei sacrifici. Questo serve a prepararli alla vita. Spesso i nostri figli, specie gli adolescenti ci dicono: «Tutti lo fanno… lo devo fare anch’io!». Non è un atteggiamento ed un ragionamento giusto.  Se noi assecondiamo i nostri figli a questa mentalità, gli educheremo a pensare che chi si comporta in base a quello che veramente è (originale anche nelle scelte) sarà emarginato.

Tutti non devono fare le stesse cose. Educhiamo i nostri figli a pensare che siamo tutti diversi perché unici.

ORA VEDIAMO ALCUNI “STILI GENITORIALI”; ALCUNI MODI DI ESSERE GENITORI:

Stile genitoriale affettivo positivo. Questo è ben espresso da questo tipo di atteggiamento che fa dire spesso ai genitori nei confronti del figlio o dei figli: «Sono contento che sei qui, ti voglio bene, ti stimo, mi interessa quello che dici… ma quello che fai non è giusto». Questa può essere una frase che ricorre spesso.

Oppure, semplicemente il nostro costante atteggiamento nei confronti dei nostri figli. Ricordiamoci che noi non comunichiamo solo con la bocca; circa il 70% della nostra comunicazione avviene con i gesti, il corpo, gli atteggiamenti. Si tratta del linguaggio non verbale.

Stile genitoriale affettivo negativo. Si esprime con questa frase: «Tu non riesci a fare nulla… lo faccio io per te». Oppure: «Basta! Non ti muovere ché fai solo danni!».  Con questo atteggiamento certamente non aiuto mio figlio e non esalto le sue capacità; non lo educo.

Stile genitoriale critico positivo.  È l’atteggiamento da parte dei genitori che cercano di dare spiegazioni al figlio, sottolineando anche l’aspetto positivo. Occorre sempre andare a cercare l’elemento positivo, anche nelle situazioni più negative.

Stile genitoriale critico negativo. È espresso dalla frase «Sei sempre lo stesso… anche questa volta non hai capito nulla!».  Ricordiamoci che si comunica molto più con i gesti o con un abbraccio che con le parole.

prp107TRA GENITORI E FIGLI OCCORRE STABILIRE BENE I RUOLI ED I COMPITI.

Essere genitori è veramente difficile.  Spesso ci prendono le paure.  Alcuni genitori, di fronte agli insuccessi dei propri figli, si fanno prendere dai sensi di colpa.  E così i figli percepiscono che i loro insuccessi sono da attribuire ai loro genitori e di fronte alle difficoltà se ne lavano le mani.  Dunque, tra genitori e figli occorre ben stabilire i ruoli ed i compiti.

È molto importante stabilire chi può risolvere il problema tra genitori e figli.  Facciamo l’esempio di un figlio che ha problemi di relazione con un proprio insegnante. Non è giusto che intervenga subito e direttamente il proprio genitore: a scuola ci sta mio figlio, è giusto che io lo responsabilizzi e gli dia l’autonomia di sbrigarsela da solo. Se mio figlio è consapevole di questo, è un vero e proprio passo in avanti. Se mio figlio è continuamente sotto la mia protezione, non sarà mai autonomo.

Davanti ad un problema dei nostri figli, ripetere spesso la frase: «Ti dico io come si fa» può essere utile durante l’infanzia, ma non nell’adolescenza. Bisogna allora mettersi davanti al problema insieme ai nostri figli dicendogli che la soluzione noi non ce l’abbiamo.  Ricordiamoci che gli adolescenti hanno tutte le conoscenze su tutto.  Per esempio, sul sesso possono conoscere tutto da internet… Quello che spesso non hanno è la capacità di sapere valutare o valorizzare le loro conoscenze.  Noi genitori dobbiamo dare loro i valori e le priorità.

Tutto questo lavoro va fatto basandoci sulla fiducia reciproca. E la fiducia è un seme che si semina sin dall’infanzia; non possiamo cominciare a coltivarla dall’adolescenza.

RISPOSTE AD ALCUNE DOMANDE DEL QUESTIONARIO.

– Come sviluppare o incrementare la mia capacità di relazionarmi e dialogare con mio figlio. Se i genitori riescono a sviluppare e incrementare la relazione basata sulla fiducia ed il dialogo, tutto il resto viene di conseguenza. Il genitore è capace di educare se è convinto dei valori. Qualcuno potrebbe dire che dialogare con i figli è difficile. Chiedetevi: quando vostro figlio ha cominciato a parlare, voi lo ascoltavate? Il dialogo non comincia a 13 anni. Il dialogo c’è quando qualcuno parla e qualcun altro ascolta.

E non si ascoltano solo le parole, ma anche gli atteggiamenti.  Il dialogo non c’è quando mio figlio mi racconta ogni cosa: questo è voler sapere;  è l’interrogatorio di un genitore apprensivo che non dà fiducia al figlio. Che necessità c’è di sapere sempre ciò che ha fatto? Forse perché io voglio stare tranquillo… Dialogare non è “fare la predica” ai nostri figli.

I figli “pressati” raccontano solo quello che i genitori voglio sentirsi raccontare… Mentre un modo di dialogare è anche quello di osservare mio figlio. Spesso noi genitori vogliamo parole, ma ci dimentichiamo le emozioni.  I problemi poi si moltiplicano nell’adolescenza. I figli “tagliano” con i genitori; si oppongono.  Ma ci deve essere questo contrasto. Non ci allarmiamo se i nostri figli diventano scorbutici e rustici, freddi ed insofferenti davanti a noi: vogliono vedere di che cosa sono capaci e ci sfidano per vedere fino a che punto li lasciamo fare. Ma ricordiamoci che di fronte alle loro richieste occorre saper dire anche i “No”. Dei “No” coerenti e motivati: è la fermezza educativa.

Comunque non spaventiamoci  dei contrasti che abbiamo con i nostri figli. Siamo invece pronti a combattere. Naturalmente le premesse per questo nostro atteggiamento educativo debbono essere messe sin dall’infanzia; il dialogo si costruisce sin dall’infanzia, soprattutto attraverso il gioco.  Nel gioco il bimbo si immedesima e comunica. Giocando con i nostri figli, possiamo capire i loro stati d’animo.

– Come affrontare con mio figlio il tema della sessualità e l’innamoramento.  Vivere l’innamoramento non educabile; nessuno nasce imparato. L’innamoramento è una fase piana di emozioni che non si possono controllare o stabilirne il percorso. I genitori possono aiutare a subire le delusioni, a non far tragedie se un rapporto è finito o non va. Ma attenzione a sminuire le  sue emozioni dicendo: «Non ti preoccupare passerà… ne troverai un altro». Dimostriamo invece attenzione ed interesse: «Ti ascolto… Accetta le delusioni e imparerai a reagire».

Per quanto riguarda la sessualità e tutto ciò che riguarda il sesso, siamo noi genitori che per primi abbiamo paura di affrontare il discorso con i nostri figli. Spesso pensiamo: chissà che cosa ci vorranno dire o che cosa ci chiederanno? Quando ci fanno queste domande teniamo ben presente la loro età: i bambini piccoli lo fanno perché hanno bisogno di sentirsi vicini la mamma.  Gli adolescenti generalmente non chiedono perché comunque, anche se noi non ci rendiamo conto, sanno già tutto.

Ma sulla sessualità non occorrono solo le conoscenze, sapere “come si fa”: occorrono i valori, la capacità critica e valutativa. Queste sono le cose che noi genitori dobbiamo comunicare ai nostri figli. Questo significa educare all’affettività.  Gli adolescenti non vogliono informazioni, ma attenzione e sapere che cosa ne pensano i loro genitori.

Perché, nonostante tutte  le contestazioni, i genitori sono gli unici punti di riferimento per loro. Dunque i genitori debbono fare attenzione a cogliere l’attimo in cui possono educare all’affettività, a mano a mano che i figli crescono. Non abbiamo paura a trovare tempo di stare con i nostri figli.  Per quanto riguarda il fidanzamento, c’è solo l’esempio dei genitori.  Il modo di relazionarci e di vivere gli affetti di noi genitori è un vero punto di riferimento per i nostri figli.

Fonte: www.bibliof.it