Il ruolo dei genitori

manandboyIl ruolo del genitore, in questo inizio del terzo millennio, appare estremamente problematico.

I cambiamenti storici e sociali avvenuti in tempi estremamente brevi, il progresso tecnologico avanzato con velocità esponenziale, ha definito confini nuovi e innumerevoli nuove incertezze che fatalmente si sono ripercosse sulla radice della società civile di cui la famiglia rappresenta la cellula gametica.

Per queste multifattoriali motivazioni il ruolo di genitore ha catalizzato al suo interno (parimenti al sistema famiglia) tutta una serie di errori concettuali che ne hanno reso instabile il suo operato e fragilissimo il suo paradigma di riferimento educativo.

Da un punto di vista sociologico si è prodotta in questo periodo storico tutta una serie di rappresentazioni di realtà che hanno alterato la visione del ruolo genitoriale ed il suo modo di essere vissuto.

Tecnicamente si potrebbe affermare che il genitore del nuovo millennio ha gradatamente perso la sua soggettività ( e quindi la sua titolarità dell’azione ) a favore di una sempre più marcata lontananza dall’universo educativo dell’infanzia e della adolescenza dei propri figli.

A fronte di questo, la delega verso le istituzioni, e verso le agenzie di socializzazione (scuola ed altro) si è andata sempre più rafforzando, nell’incapacità , da parte della Famiglia di produrre sistemi di riferimento validi.

I modelli educativi in una ottica sociopedagogica devono , nel momento storico attuale, sostanzialmente poggiarsi su basi empiriche e costruttive. Abbandonando l’aere delle costruzioni teoretiche e accademiche e entrare nel quotidiano, dei sistemi familiari e negli ambiti scolastici, scendendo per così dire in trincea e affrontando de visu gli interrogativi.

Il nuovo secolo si apre con vecchi problemi irrisolti da un punto di vista dell’evoluzione personologica , educazionale e pedagogica rispetto alle ultime generazioni.

I ruoli genitoriali ed educativi appaiono in questi ultimi anni sempre più appiattiti ed inesistenti , impostati su una difficoltà palese ad essere propositivi e incidenti nella formazione delle regole comportamentali.T

Tale ruolo quindi, risulta sempre più avvitato Su degli stereotipi, che ne hanno alterato la sua realtà oggettiva e, le frasi di linguaggio comune basate su proverbi o modi di dire sono assurte a verità inprescindibili ed inalterabili.

Per cui la Soggettività dell’individuo, basata sulla sua titolarità dell’azione, sulla proprietà del suo agire assolutamente personale è andata perdendosi in dipendenza di questi stereotipi , che attualmente detengono il monopolio dell’agire nella figura del padre o della madre.

Questo modello di pensiero reca al suo interno un netta differenziazione : una visione al maschile di quello che è il ruolo di padre, e una femminile del ruolo di madre. Queste due visioni sono dissonanti tra loro, in quanto esiste un squilibrio molto forte per carichi di responsabilità che vede l’universo femminile maggiormente gravato di compiti di controllo, gestione, educazione, socializzazione della prole di entrambe i sessi . Viceversa il ruolo paterno risulta essere abbastanza periferico.

Questa percezione dell’universo maschile è ormai nota da anni, unitamente ad una percepita fragilità dello stesso.
Fattori sociali e storici hanno in un tempo abbastanza breve condotto a questo, e la velocità di evoluzione del fenomeno, accelleratosi nell’ultimo decennio lo ha reso molto più evidente.

Sinteticamente, e senza analizzare in profondità le cause di questo stato di cose, per quanto attiene il mondo maschile, si può affermare che il momento iniziale di questa evoluzione è, in parte, da ricercare in quel sommovimento complessivo che è stato il 68′ nella società occidentale.

Nell’ottica educativa, il periodo storico susseguente è stato pesantemente condizionato da filosofie culturali (o ideologiche) improntate a modelli educativi e psicopedagoci che conducevano ad una dilatata visione permessivistica , con conseguente annullamento dell’approccio “classico” educatore-discente soppiantata dalla ricerca, a tutti i costi, del “dialogo costruttivo” rivolto un po’ con tutte le fasce di età.

La marcia trionfale di questo modello negli ultimi 30 anni ha avuto anche portabandiera di rango intellettuale elevato e scuole di pensiero che si sono schierate ad appoggiare massime come “vietato vietare” imposto quasi come un dogma alle nascenti generazioni.

Tutto ciò ha fatto nascere e rafforzare una profezia che si è auto-avverata sullo stereotipo che fare il genitore sia il mestiere di fatto più difficile del mondo !!

Lo stereotipo da abbattere, innanzitutto è proprio questo : fare il genitore non è niente affatto difficile……. il difficile è volerlo fare .

La mancata accettazione del ruolo di genitore rende estremamente difficoltoso ( ed è ovvio) il suo agire , ma questo difficilmente viene preso pragmatiaticamente in considerazione .
Nelle agenzie di socializzazione primarie (famiglia, scuola, altro ) esso è il grande freno inibitore alla capacità di porre in essere strumenti e regole educative rigide.

Tutto ciò induce spesso un senso di arrendevolezza in quanto non sembrano esserci modalità per uscire da questo stallo educativo autoprodotto. Genitori ed insegnanti ne sono le prime vittime.
Le seconde, indirettamente, sono le ultime generazioni ellittiche di muri di contenimento comportamentale e, largamente vittime della noia.

kidsSu questa scia si può affermare che le strutture pedagogiche ed educative sono in larga parte viziate da una sostanziale incapacità ad agire concretamente . In primis la sempre maggiore inconsistenza del ruolo di padre che , legato a quanto si evidenziava in apertura sulla attuale realtà dell’universo maschile , sempre più legato alla parvenza del di “testimone silenzioso”.

Occorre, scendendo nel concreto, abbattere steccati culturali secondo i quali alcuni comportamenti siano dannosi e incerti nel loro divenire. Alcune frasi qui e là recepite nelle riunioni in sedi canoniche come appunto le scuole di ogni ordine e grado, ma principalmente il livello elementare o infantile, fanno immaginare le difficoltà intrinseche nel sistema familiare oggi : “…Ma se mi comporto in modo troppo rigido e poi…sbaglio???!…” ” Ciò provato ad essere impositiva su una regola…ma poi è di una fatica reggerla….” “..Ma se poi comportandomi così perdo “il dialogo” con mia figlia/o..???”

Tutte queste, e moltissime altre ancora, sono indicatori fin troppo evidenti di una mancanza di capacità di gestionale e titolarità dell’azione educativa da parte di chi dovrebbe esserne titolare. Sono indicatori di malessere e di incertezze a cui si risponde con una resa incondizionata e con estenuanti “trattative” in cui la proibizione eventuale o la sanzione sono presso che bandite in quanto “troppo costose” a livello emotivo.

Partiamo da alcune semplici considerazioni di ordine pratico :

1) Come prima menzionato “fare” il genitore non è assolutamente difficile, la nostra specie lo fa da migliaia di secoli .

2) La reale difficoltà E’ abbracciare il ruolo e quindi agirlo.

3) Chi educa agisce su una realtà interattiva. Essa quindi è in grado di rispondere con degli indicatori leggibili, in base ai quali il percorso educativo si equilibra in modo omeostatico. Per cui è sostanzialmente impossibile “sbagliare” a meno di non volere agire volutamente in modo dannoso.

4) l’unico vero danno, in un percorso sociopedagogico, che può verificarsi consiste nel “non agire” per timore di sbagliare.
Su questi elementari presupposti si costruiscono delle certezze operative che, pur nella duttilità degli eventi, sono e rappresentano, capisaldi sui quali agire.

Una agenzia primaria, come la famiglia, non può in nessun modo essere sostituita da nessuna altra istituzione. La Scuola rappresenta una realtà educativa e pedagogica che può agire in modo efficiente ed efficace la dove, la prima agenzia socializzatrice ha assolto il suo compito di strutturare modelli di comportamento adeguati e durevoli , attraverso un sistema valoriale e di credenze autoprodotto .

In caso contrario non può agire, o può farlo in modo limitato nel campo che è di pertinenza familiare . Percorso temporale cognitivo-comportamentista nella costruzione di codici di regole

Trattasi di un processo non esaustivo, ma statisticamente valido, che può essere di notevole aiuto nell’agire. Esso ci può aiutare a capire come comportarci , ma è basilare non aspettare “tempi più maturi” nella convinzione che, una maggiore età del bambino ci possa in qualche modo facilitare il compito di educare e comunicare in modo formativo.
Ogni età ha una sua sequenza evolutiva, un suo registro di adattamento mutevole e progressivo.

La tabella sotto riportata quindi, rappresenta un percorso temporale progressivo che evidenzia la radice di risposta comportamentale del bambino , del preadolescente e dell’adolescente, nel confronto con i processi costruttivi di regole sociali .

In corrispondenza con fasce di età crescenti, il paradigma di riferimento è quello relativo ad un modello “Stimolo-Risposta” semplice che, via, via si raffina e si concettualizza a livelli sempre più elevati sino alla definizione di un assetto etico-morale .

SCHEMA DI RIFERIMENTO

1) Non lo faccio per non essere sgridato
2) Non lo faccio per essere ricompensato
3) Non lo faccio per essere al centro dell’attenzione
4) Non lo faccio perché non va fatto
5) Non lo faccio perché è contrario ai miei principi
5) Non lo faccio perché indipendentemente dalle sanzioni è una cosa riprovevole

In base a questo schema S-R appare chiaro che, la lenta e progressiva costruzione di regole educative sono riconducibili sino dalla primissima infanzia, alla volontà dell’educatore (genitore o altro ) a volersi rappresentare come soggetto titolare dell’azione educativa.

La rappresentazione del ruolo di educatore o di genitore è la chiave di volta per la riuscita , o no della “missione” di formare (o collaborare a formare ) una personalità equilibrata con capacità adattive esenti da disagio sociale.

Ergo: _ non si può sbagliare
_ Le regole disciplinari sono strumenti che servono ( come le vitamine!) per la crescita armonica del soggetto.

_ Qualsiasi regola va ad agire su una realtà dinamica la quale necessità della regola parimenti a quanto necessita un fiume di un proprio alveo. La realtà sulla quale andiamo ad agire ci rimanda un segnale di risposta sul quale “aggiustiamo il tiro”.

_ Il rapporto con il proprio figlio/a si rafforza in modo proporzionale a quanto noi abbracciamo il ruolo di genitore.

_ qualsiasi azione comunicativa-educativa a livello pedagogico agisce “qui e ora” per cui le risposte a tale comunicazione sono presso che immediate.

Il genitore non è infallibile in senso assoluto , ma “non può sbagliare” se non volutamente o, paradossalmente, se non vuole agire .

Per cui è più corretto dire: l’errore educativo, da parte dell’educatore (genitore o altra figura), si pone in essere a condizione che…..quanto affermato prima si compia.

Se osservate in questa ottica, le problematiche inerenti i modelli educativi indirizzati all’infanzia, appaiono come sfrondate da quell’alone di ansia senza risoluzione che immobilizza, la capacità da parte del genitore di porre in essere l’educazione sociale e comportamentale del proprio figlio/a.

Il complesso di colpa che ingessa qualsiasi volontà di agire in senso risolutorio, viene annullato dalla volontà di appropriarsi del proprio ruolo e della propria soggettività che ci rende titolari dell’azione formativa.

Il proverbio che andrebbe quindi coniato per questi tempi è quello riportato prima in queste righe : “” Fare il genitore non è difficile , difficile è …volerlo fare!!”.

L. Benvenuti
Fonte:http://www.psychomedia.it