Imparare a dire no

angry-coupleSpesso abbiamo difficoltà a dire “no” soprattutto nelle relazioni più significative. Negare un giocattolo al figlio, un favore a un collega, non soddisfare la domanda di un cliente, ci reca dispiacere o ci mette in una situazione di disagio, se non di rischio. L’amico potrebbe offendersi, il figlio piangere, il cliente andarsene per sempre. Diciamo “sì” come se cedessimo a un potere superiore alla nostra volontà. Ma non dire “no” quando lo sentiamo opportuno, può avere conseguenze negative: falsiamo noi stessi e le relazioni, e rischiamo di ammalarci… A volte, arriviamo a sentire rabbia o rancore contro coloro a cui non abbiamo saputo dire “no”.

Nelle relazioni di affetto o di lavoro, dire di no implica sempre un atto di coraggio: significa essere autentici, ragionare sulle proprie emozioni, far emergere i bisogni, lasciare spazio ai desideri, elaborare le preferenze, praticare le convinzioni. Ma vuole dire anche essere presenti alla persona che abbiamo davanti, sempre, anche quando diciamo di no. Il “no”, dunque, ha un potere positivo: è la garanzia della nostra autenticità, del nostro essere noi stessi di fronte agli altri. Per dirlo restando simpatici, insomma, basta portare gli altri a immedesimarsi con noi, a comprenderci, ad ascoltare le nostre ragioni con benevolenza. Ecco 3 passi per farlo, come spiega Luca Stanchieri, pioniere del life coaching in Italia e direttore della Scuola permanente di coaching a Roma.

I passi da fare

1. Sondare i propri bisogni

2. Comprendere l’altro

3. Saper rilanciare

Sondare i propri bisogni

Di fronte a una richiesta che non ci fa esclamare istintivamente “sì”, chiediamoci: “Ma lo voglio davvero?”. Accettare senza essere convinti è come cedere a un potere superiore. Dire “no”, invece, necessita di conoscere e scegliere, sottraendosi a una logica di rapporti di forza. Una domanda che non possiamo soddisfare ha comunque bisogno di ascolto, conoscenza, confronto. Il “no”, per essere simpatico, prevede una fase di analisi, riflessione, esplorazione. Significa conoscere i desideri altrui e confrontarli con i propri. Il “no” va prima pensato, sentito, vissuto come la cosa giusta da fare, per noi e per gli altri.

Comprendere l’altro

Ecco cosa possiamo dire: “Mi sembra che tu desideri questo perché… Giusto? Ti capisco, ma io desidero un’altra cosa”. Per dire no, in termini simpatici, dobbiamo aver capito la richiesta e dimostrato di aver capito bene. Non dobbiamo partire dal rifiuto, ma dalla comprensione dell’altro. Significa ascoltare con serenità e capire che chi ci fa una domanda parte da un’intenzione che dobbiamo saper cogliere prima di rifiutare. Per dire “no”, bisogna allenare la nostra assertività, cioè la manifestazione tranquilla e motivata della nostra convinzione. Essere decisi, infatti, non significa essere aggressivi, ma disponibili a farci conoscere, a spiegare e argomentare le nostre ragioni. Il “no” veicola i nostri desideri, i valori, le convinzioni, li mostra e li mette in discussione. Motivare il proprio diniego non significa giustificarsi, ma mostrarsi, essere disponibili al confronto, sapendo che nessun altro può decidere al posto nostro..

Saper rilanciare

“Visto che tu hai questa esigenza e io ne ho un’altra, forse potremmo…”. A volte dire “no” non basta. Soprattutto nelle relazioni più significative, ogni richiesta parte sempre da un’esigenza che dobbiamo cogliere e a cui possiamo rispondere proponendo un’alternativa. Un mio cliente parrucchiere ha deciso di dire “no” ai clienti che si presentavano senza appuntamento. Prima li accettava perché temeva di perderli. Elaborando una nuova organizzazione del lavoro che permetteva di essere serviti all’orario concordato e di mantenere i tempi previsti per il servizio, i clienti sapevano quando andare e quando avrebbero finito. I clienti, quindi, si sono sentiti speciali, trattati bene. E sono aumentati..

Michele Maino

Fonte: http://www.psychologies.it/Conoscersi/Io-e-gli-altri/Saper-dire-no/Imparare-a-dire-no/(offset)/3