Gli imbranati

Gli imbranatiA volte fanno tenerezza o mettono in imbarazzo, altre volte suscitano irritazione o fanno rabbia, oppure incuriosiscono, ma sempre sono in bella o brutta evidenza di fronte agli altri.

Sono in vista, come non vorrebbero mai esserlo. E proprio questo che li rende maldestri, loro allo stesso tempo bisognosi di annullarsi e di essere presi nella massima considerazione.

Trovano qualche volta amorevole soccorso, ma tante altre sono soggetti a fastidiose ironie. Si trovano anche tratteggiati in caricature cinematografiche.

Dai personaggi di Woddy Allen a quelli di Paolo Villaggio, gli imbranati sono messi in ridicolo, con la rappresentazione di alcuni ingredienti del loro modo di essere, senza che ne sia granché preso in considerazione il profondo senso di disagio interiore con il quale si trovano a doversi confrontare.

Hanno alcune caratteristiche peculiari, sia nel loro comportamento, sia nelle loro manifestazioni fisiche. Sono innanzitutto individui che faticano a far valere le proprie ragioni e non sanno dire di no. Sono sempre incerti se le loro opinione siano giuste o meno, se siano o no pertinenti, così che finiscono per non difenderle e per non sostenerle. A volte pare che abbiano convinzioni vere, tanto sembrano disponibili a modificarle a beneficio del loro interlocutore.

In realtà, le cose non stanno così, ma di fronte a chi sostiene con fermezza le proprie ragioni, si sentono come paralizzati nel pensiero e non riescono più a costruire quei nessi logici che sembrava loro di aver ben definiti. Si trovano nella stessa condizione di chi ha l’impressione di avere imparato bene una lezione, ma, se interrogato, non sa ripeterne i contenuti. E si crucciano, una volta terminato il malaugurato incontro, uno dei tanti, di non aver saputo dire la loro, temendo anche (e ciò rafforzerà inevitabilmente la loro timidezza) di aver fatto una brutta figura, di aver dato una cattiva impressione di sé.

Non sanno, come dicevo, dire di no.

Il no“, come sottolinea lo psichiatra Alexander Lowen, “funziona da membrana psicologica … Impedisce all’individuo di essere sopraffatto dalle pressioni esterne e gli permette di discriminare tra le richieste e i tentativi di persuasione ai quali è costantemente soggetto … Definisce i confini dell’Io di un individuo, proprio come la membrana fisica definisce i confini del corpo. Dire di no è un’espressione di opposizione che sta a fondamento del senso di identità.”

Ma perché i timidi non sanno dire di no? Innanzitutto, stando ai concetti di Lowen, perché non hanno un senso di identità ben sviluppato e ben organizzato. Hanno dubbi su chi realmente sono, su come saranno accolti dagli altri.

Proprio per questo cercano di porsi in condizioni nelle quali non dispiacere troppo all’interlocutore,proponendo un assenso che altro non rappresenterà che una forma di sottomissione, di negazione alla libera espressione della propria volontà e del proprio pensiero.

Di fatto, al vietarsi quella negazione si sposa il tentativo di cercare di mantenere una relazione, la più armonica possibile, con il maggior numero di persone, rincorrendo l’ideale di piacere a tutti. Operazione rischiosissima, dato che porta sempre alla negazione di sé.

Per questa strada i timidi si trovano a dover affrontare situazioni spiacevoli o noiose: a perdere del denaro per non aver saputo dire di no a un amico inaffidabile che ha chiesto loro un prestito, a dover passare del tempo con persone tutt’altro che gradevoli, per non aver declinato un invito, a sovraccaricarsi di lavoro per aver accettato la richiesta di un collega, a doversi adattare a uno sportello dove qualcuno ha chiesto di passare davanti, a dover fare l’amore quando non ne hanno voglia.

Certo, per evitare tutto questo sarebbe necessario mettere in primo piano le proprie esigenze, i propri diritti, i propri bisogni e i propri desideri, ma per realizzare tutto ciò è anche necessario fare i conti con le proprie ansietà e paure: prima fra tutte quella di essere criticati e messi al bando.

Non dire mai di “no” è anche un modo per rimanere nascosti, per non mostrare di sé ciò che sembra entrare troppo in sintonia con il proprio segreto, ciò che porterebbe a scoprirsi.

Rispondere “sì” dà apparentemente una grande garanzia. Quella per la quale non ci saranno code fastidiose. Probabilmente l’intesa sarà automatica e non dovrà essere chiarito il senso della risposta.

Se la risposta fosse “no” potrebbe invece accadere che l’interlocutore possa chiedere “perché?” creando le premesse per un’occasione, di dire qualcosa in più anche di se stessi, di mostrare qualcosa in più de proprio mondo nascosto.

E’ proprio per questo che i timidi sono tanto affermativi. Per le loro difficoltà a esprimere le preferenze, i bisogni e le proprie opinioni davanti a qualcuno che li esporrebbe a una visibilità alla quale non si sentono pronti.

Appaiono anche per questo imbranati, maldestri, tanto disponibili da essere persino imbarazzanti e anche il loro modo di gestire, di camminare, di parlare rivela i loro intoppi emotivi. Insomma, mostrano comportamenti che possono apparire come fuori giri, nel troppo o nel troppo poco. La timidezza, vissuta sul campo in condizioni di imbarazzo, può portare a movimenti inconsulti, improvvisi, con i quali si può finire per rovesciare un bicchiere proprio a quel party dove si era andati con il proposito di fornire una buona immagine di sé. E’ evidente che un banale incidente di questo genere porterà chi è timido a un livello di disagio ancora maggiore e gli farà desiderare solo di essere altrove, compromettendo la sua possibilità di godersi la serata.

Gli imbranati potranno sentire un profondo disagio nel camminare sotto gli occhi di altri, potrà anche capitare loro di parlare con una cadenza accelerata da bruciare,per vie sommarie, ogni argomento di conversazione si concedano.

Il vero tallone di Achille è però il corpo che, con le sue manifestazioni, lascia trasparire il loro stato d’animo. Sanno bene che a loro il rosso non dona, che per loro è soltanto un colore fastidioso. Eppure il loro sistema neurovegetativo, sollecitato da quel centro che filtra gli stimoli e organizza le emozioni nel sistema nervoso centrale, subdolamente fa in modo che lo debbano far vedere loro malgrado.

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Di per sé sia l’arrossire sia il sudore alle mani in situazioni sociali non sono caratteristiche proprie di coloro che possono essere definiti come imbranati. Essi però possono apparire tali quando tentano di trovare una via d’uscita al loro imbarazzo che spesso amplifica e rende davvero visibili il loro disagio e la loro timidezza.

Tratto dal libro: TimidezzaFausto Manara – ed. Sperling