Come mai alcune persone ci stanno antipatiche?

Qualche giorno fa, approfittando di un lungo viaggio di ritorno Napoli-Pavia, con una collega abbiamo effettuato un altrettanto lungo “confronto professionale”.

Durante questa chiacchierata è emerso che a me alcune persone stavano antipatiche mentre a lei erano indifferenti, e viceversa. La cosa si faceva via via sempre più interessante quando scoprivamo che ormai ci eravamo abituati ad inserire ogni loro gesto all’interno di uno schema che li vedeva incapaci, presuntuosi, arroganti, etc… Perchè?

I due meccanismi fondamentali che permettono la conoscenza del mondo sono induzione e deduzione. L’induzione permette di giungere ad una conclusione generale passando per i casi particolari: se più volte tocco il fuoco e mi scotto, allora vorrà dire che il fuoco brucia. La deduzione invece permette di trarre una conclusione specifica a partire da premesse generali: se già so che il fuoco brucia, non ho bisogno di toccarne degli altri per sapere che mi scotterò. Naturalmente funzionano in coppia, e nella mente l’uno non può fare a meno dell’altro.

Quando conosciamo una persona nuova solitamente partiamo con dei pregiudizi (a meno che non siamo bambini molto piccoli), perlopiù inconsci: il tipo di abbigliamento, il colore della pelle, il lavoro svolto, informazioni eventualmente dateci da altri sono tutti fattori già inclusi nel nostro schema mentale precostituito e quindi per deduzione tiriamo già alcune somme (ad es, questo potrebbe starmi antipatico). A questo punto, in base all’elasticità mentale di cui disponiamo, abbiamo ancora un più o meno breve lasso di tempo in cui il nostro processo di induzione è attivo e funzionante: i gesti effettivamente compiuti da una persona vanno a modificare la nostra idea (lo schema) di lei. In seguito, più passa il tempo e più ci affidiamo massicciamente (sbagliandoci) alla deduzione: ormai il nostro schema mentale è stato costruito ed è più economico per il nostro cervello mantenerlo piuttosto che modificarlo!

Ovviamente il processo in questione è completamente reciproco, le altre persone hanno di noi uno schema che sarà modificabile molto faticosamente.

Tornando all’esempio iniziale, ogni volta che quella determinata persona si comportava in una determinata maniera, il mio cervello era pronto a inserire quel gesto in uno schema già confezionato, dove lei è estremamente antipatica e prepotente. Cosa strana è che quando invece il gesto compiuto era assolutamente non in linea col mio pregiudizio, la mia mente tendeva tranquillamente ad ignorarlo: solitamente tendiamo a selezionare le informazioni che confermano i nostri schemi piuttosto che quelle che li smentiscono.

Fortunatamente la cosa funziona anche al contrario: finimmo, infatti, col chiederci come mai tendiamo a perdonare gli stessi identici comportamenti alle persone che più stimiamo. Beh, semplicemente perché ormai abbiamo uno schema positivo gli uni degli altri e questa volta sono le informazioni negative a non essere considerate.

Andrea Ciraolo

www.andreaciraolo.it