Perchè ci offendiamo?

coppia-arrabiataUno degli ostacoli alla comunicazione autentica, e quindi all’incontro piuttosto che allo scontro, è dato da automatismi che ci spingono ad aderire all’idea di quello che dovremmo essere piuttosto che alla realtà di quello che siamo.

L’offesa è un automatismo, condiviso dalla maggior parte delle persone della nostra cultura, che viene alimentato socialmente dalle organizzazioni gerarchiche di cui facciamo parte.

Il meccanismo che produce il senso di offesa è molto utile alle organizzazioni gerarchiche perché, inducendo il conformismo e l’alienazione, fa guadagnare prevedibilità e controllo delle persone, dunque facilità di governo.

Come funziona l’offesa? Ci offendiamo quando, per sentirci amabili, ci obblighiamo a corrispondere a un’immagine di ciò che crediamo di dover essere.

L’offendersi si basa quindi su un inganno: il credere di essere come ci si immagina di essere, quando si prende molto sul serio l’idea che si ha di sé.

Questo inganno è uno dei presupposti più nascosti e infidi che vengono inculcati con l’educazione. Una volta addestrati a conformarci a un’immagine precisa, ci alieniamo e diventiamo i nostri migliori secondini, punendoci con il disagio, e con il timore di non essere amati, ogni volta che ci pensiamo diversi da come crediamo di dover essere.

Quando ci offendiamo rimaniamo chiusi nel dialogo mentale rabbioso e/o triste del confronto di due immagini di noi (l’immagine di come desideriamo essere e quella di  come temiamo di essere stati) e intanto perdiamo il contatto con il presente, dunque con la possibilità di soddisfarci veramente.

Offendendoci con qualcuno, ingaggiamo una lotta per la difesa dell’immagine in cui ci identifichiamo e intanto ci distraiamo dal perseguire i nostri veri obiettivi, di volta in volta, nella relazione.

Non appena riconosciamo la natura del meccanismo ingannevole dell’offesa, possiamo recuperare la libertà di essere noi stessi, e la responsabilità di esserlo.

Quando riconosciamo che non dobbiamo necessariamente aderire a nessuna immagine preconfezionata di ciò che dovremmo essere e ci accettiamo liberamente per ciò che siamo, non abbiamo più bisogno esasperato dell’apprezzamento altrui e nutriamo la nostra autostima col rispetto per noi stessi. Che, vedremo, diventa una solida base da cui sviluppare il rispetto per gli altri.

Emma Rosenberg Colorni

http://www.lifegate.it