La coppia stabile

Oggi è difficile stare insieme per tutta la vita ad una sola persona, per cui si è passati dalla monogamia semplice alla ‘monogamia seriale’: un solo partner alla volta, ma solo per un tempo limitato. La monogamia resiste ancora perché, malgrado le rinunce che richiede, ha sulle persone anche utili effetti pratici: dà un senso di protezione attraverso la convivenza ed il mutuo aiuto e sembra avere effetti positivi anche sulla salute e la speranza di vita. Sembra infatti che avere un rapporto stabile con una sola persona allunghi di dieci anni la vita dell’uomo e di tre quella della donna (per cui sposarsi conviene più agli uomini che alle donne !).

Studi epidemiologici inoltre hanno riscontrato che il matrimonio rafforza il sistema immunitario e preserva da numerose malattie, fra cui il cancro. A parte qualche problema di sovrappeso, gli sposati appaiono in migliore forma fisica dei singles e rispetto ad essi hanno circa la metà delle probabilità di morire prematuramente.

Il matrimonio è ottimale per chi ama fare progetti a lunga scadenza e punta sulla stabilità affettiva, anche se esso richiede molte rinunce, che non tutti sono disposti a fare. In primis, col matrimonio si rinuncia al ruolo di figlio o figlia e ci si assume nuove responsabilità, in vista della formazione di una famiglia. Attraverso questo passaggio si abbandona il mondo dei progetti e dei desideri per passare all’impegno per la loro possibile attuazione nella realtà (con relativo, frequente, disincanto) e si acquisiscono nuovi valori. Il desiderio di condivisione della felicità di coppia va coltivato con tutti i mezzi, anche se, dopo i primi tempi dell’innamoramento e dei batticuore arriva l’abitudine a smorzare molti entusiasmi. L’amore capace di sopravvivere alla routine del quotidiano, alle rinunce, alle piccole e grandi delusioni, è veramente difficile da trovare.

Una volta ci si sposava anche senza amore e si continuava a stare insieme anche quando l’amore era finito per una serie di motivi: perché la società non ammetteva il divorzio, perché le donne si sentivano comunque più socialmente protette nel ruolo di mogli piuttosto che di donne separate, perché gli uomini avevano una doppia morale, che permetteva loro di essere mariti e padri ‘esemplari’, senza rinunciare alle loro trasgressioni sessuali. Oggi ci si sposa solo per amore e resta insieme fino a che dura l’amore: in genere pochi anni o pochi mesi.

A decidere di separarsi sono in genere le donne e questo spiega che in realtà poco è cambiato nella vita di coppia, malgrado le apparenze: se le donne desiderano separarsi più degli uomini è evidente che sono loro a provare un maggiore senso di infelicità e di delusione. L’unica cosa che è cambiata è la possibilità di avere un’indipendenza economica e quindi di poter scegliere di vivere da single, in attesa di incontrare un nuovo amore. Perché un amore duri a lungo, è indispensabile che i due partners si impegnino attivamente, giorno dopo giorno e non pensino alla sopravvivenza della coppia come a qualcosa di scontato, di definito. Ogni giorno bisognerebbe reciprocamente spendersi per riconquistare l’altro/a, attraverso attenzioni e dolcezza, giocando anche con l’arma della seduzione. Perché questo sia possibile è bene che il rapporto di coppia conservi un pizzico di mistero e che fra i due partners non vi sia mai una fusione completa, una mancanza di spazi personali, che finisce per far provare un senso di ‘solitudine a due’, piuttosto che la completezza di un rapporto di coppia.

La cura, l’attenzione, l’amicizia e la solidarietà per l’altro non dovrebbero mai venire meno fra coniugi o conviventi che vogliono restare uniti: per questo bisogna imparare a ritagliarsi del tempo libero da dedicare al benessere della coppia, all’uso della creatività nei progetti di vita da realizzare insieme.

I motivi di conflitto in una coppia di lunga durata possono essere molteplici, ma il principale è sicuramente legato alla sessualità. La donna infatti, prima o poi dovrà fare i conti con un vistoso calo del desiderio, che nell’uomo invece resta generalmente invariato, malgrado la routine. Diminuiscono i baci, le carezze, i preliminari, le coccole e le donne, che nutrono il loro erotismo di fantasie di seduzione, emozioni e sentimenti, sentono che il rapporto sessuale perde di significato e di intensità, anche orgasmica. Per questo i rapporti sessuali diminuiscono e, laddove non spuntano amanti, si vive in uno stato di forte tensione.

Per migliorare la situazione, occorre trovare un punto di mediazione, che consenta di riscrivere le regole che tengono insieme la coppia. E’ impensabile infatti che dopo dieci, venti anni di matrimonio, le norme che regolano il rapporto non debbano adeguarsi ai tempi: i due partners sono cambiati, la loro relazione si è ormai consolidata, nella maggior parte dei casi sono stati messi al mondo dei figli. Pretendere che tutto debba essere come il primo giorno è un’utopia. Per restare uniti bisogna dunque usare l’intelligenza. Come nella gestione di tutti i conflitti della vita, anche in quello coniugale bisogna imparare a distinguere le nostre sensazioni dai nostri comportamenti. Le sensazioni che proviamo infatti, sono tutte accettabili, perché sono nostre e con esse possiamo fare i conti: i comportamenti invece riguardano anche gli altri e per questo possono essere più o meno accettabili. Il segreto sta nell’utilizzo dell’intelligenza, emotiva e razionale, che deve mediare abilmente fra le sensazioni ed i comportamenti.

E’ logico che tutti noi miriamo anzitutto alla soddisfazione dei nostri bisogni e non possiamo dedicare la nostra intera vita a soddisfare quelli degli altri, ma possiamo arrivare al compromesso per cui, comportandoci bene nei confronti degli altri, si renda possibile soddisfare anche i propri desideri. Il segreto dell’unione stabile dunque non sta nell’accettazione, da parte di uno dei due partners, di essere vittima degli altrui desideri, ma nella reciproca capacità di razionalizzare il proprio egoismo, volgendolo a fini comuni.

articolo di Giuliana Proietti

Fonte: http://www.buonerelazioni.it

Bibliografia