Diventa ciò che sei

Ognuno di noi è unico e irripetibile, ha talenti e potenzialità che possono essere riconosciuti e sviluppati. La volontà è la capacità di dare fiducia a ciò che si è e di avviarsi verso ciò che si può diventare.

La volontà è la funzione più importante e caratteristica dell’essere umano. Ben lungi dall’essere una rigida pratica che forza a fare ciò che “si deve fare“, o non fare ciò che “non si deve fare”, come spesso viene fraintesa, la volontà è l’arte di “essere e agire”, è la capacità di mettersi profondamente in contatto con se stessi e di attivarsi per trasformare da potenza in atto capacità, talenti, progetti, sogni.

Fino a quando non arriva un momento nella nostra vita in cui ci fermiamo a chiederci “chi sono io?”, “cosa voglio dalla vita?”, “cosa la vita vuole da me?”, non viviamo, sopravviviamo semplicemente. Confesso che ho vissuto, le famose memorie di Pablo Neruda, sono – già del titolo – un inno al coraggio di vivere in modo autentico che ha una potenza maggiore di qualsiasi disquisizione teorica. E’ questa la volontà di cui parliamo, quella capace non tanto di trovare le risposte quanto di porsi le domande, capace di mantenerci sempre attenti a come il mondo risuona in noi e come, a nostra volta, possiamo risuonare nel mondo.

Il nostro modo di essere nel mondo si costruisce attraverso stimoli esterni, l’esperienza, la relazione con gli altri, i condizionamenti acquisiti e subiti, ma si costruisce anche a partire dell’interno, dalla nostra natura unica e irripetibile e dall’impegno che decidiamo di prendere nei confronti di quanto ci succede, assumendo un atteggiamento più o meno attivo o passivo.
Volontà è, prima di tutto, essere presenti a se stessi: essere capaci di sentire cosa si prova, cosa si sente, cosa si pensa. In secondo luogo, è valutare, in ogni situazione, come si vuole rispondere, senza farlo in modo automatico, ma decidendo, volta per volta, la risposta più adeguata alla situazione, in modo da non essere “vittime” del proprio carattere, di comportamenti stereotipati, o di una presunta spontaneità che a volte può solo nascondere la pigrizia di cambiare.

Sì, perché volontà vuol dire cambiare, non per diventare “altro” ma proprio per scartare ciò che è “altro” e riavvicinarsi, progressivamente, a ciò che si è veramente, che va scoperto a poco a poco, con l’esercizio, con l’attenzione, con l’affetto che spetta a noi darci, in prima persona. Non è mai un forzare, quindi, né aderire a modelli imposto da altri, è un impegno costante nei confronti di se stessi, per diventare ciò che si è e si può diventare, concretamente.

Sconcertante, vero? Ma allora, che cosa è questa volontà, come si conosce, come si sviluppa, come si usa?

Uno degli autori che maggiormente si è concentrato sullo studio e sull’attivazione della volontà è Roberto Assagioli, il padre della Psicosintesi, che le ha dedicato un intero libro, oggi un classico della psicologia umanistica: L’atto di volontà (ed. Astrolabio). Assagioli descrive questa facoltà come la capacità di percepirsi come “soggetto vivente”, dotato del potere di scegliere, di costruire rapporti, di operare cambiamenti nella propria personalità, negli altri, nelle circostanze; e paragona la sua funzione a quella del direttore d’orchestra, che deve conoscere, “accordare” e coordinare tra loro i diversi strumenti musicali di cui ogni essere umano è composto, i diversi aspetti, tratti di carattere, sfumature di personalità, ruoli e modo di essere che fanno parte di quel complesso insieme che chiamiamo “io”.
La volontà non si studia in teoria, si sperimenta, si allena, si rafforza. Abbiamo tutti una volontà, ma spesso non lo sappiamo o non la utilizziamo, se non sporadicamente, ma non è mai troppo tardi per svilupparla di più!

Per esercitarsi

La ginnastica della volontà
Esercizi piccoli, ma ripetuti con costanza, è questo il segreto. Si sceglie un’azione, anche non impegnativa, da ripetere ogni giorno, per un periodo definito. Per esempio, lucidare le scarpe, riporre al loro posto oggetti che normalmente si lasciano in giro, leggere una poesia o una pagina di un determinato libro. Classici sono gli “esercizi inutili” in cui, per esempio, si rovescia una scatola, di fiammiferi e li si rimette dentro uno ad uno ripetendosi internamente “lo faccio perché lo voglio”.

Alimentazione psicologica
Siamo in continua interazione con il mondo che ci circonda e le diverse situazioni, luoghi, persone, musiche, letture provocano tutte su di noi effetti diversi. a ci impedisce, quindi, a seconda delle nostre necessità o dello stato d’animo, di ricercare quelle situazioni, luoghi, persone, musiche, letture che ci inducono lo stato che vogliamo raggiungere – rilassamento o attivazione che sia – o ci permettano di dissolvere e trasformare stati emotivi che sentiamo pesanti.

Muoversi!
Lo stagnare di stati d’animo di malessere è spesso correlato a una staticità anche fisica. Quando ci accorgiamo che stiamo sprofondando nelle sabbie mobili di umori cupi la cosa migliore è prenderne atto e muoversi: alzarsi, fare qualcosa di diverso, uscire, fare una passeggiata, chiamare un amico simpatico, accendere la radio. Nel momento in cui diventiamo presenti a noi stessi – riconoscendo la presenza di un disagio – e ci poniamo in modo attivo di fronte alla situazione, non affondiamo più.

Servizio alla vita
Quando agiamo nel nome di un ideale, quando entrano in gioco i valori, l’altruismo, il sentirsi partedi qualche cosa di più grande di noi – famiglia, città, pianeta Terra o vita stessa – la nostra volontà, mettendosi in sintonia con i ritmi della vita, acquista una carica nuova e diventa capace di realizzazioni prime inimmaginate. Tale è la forza di questa risorsa che abbiamo in noi e che  trova nel servizio alla vita – “non la mia, la tua volontà sia fatta” – la sua espressione più alta e potente.

Marcella Danon

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