“Non so dire di no”

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I jeans sono troppo stretti, ma li comprano lo stesso… E pur sommersi di lavoro, accettano comunque un nuovo incarico. Rifiutare è per loro un tabù. perchè? Abbiamo indagato….

“L’incapacità di dire di no deriva dal fatto di dare più importanza ai desideri dell’altro rispetto ai propri”, spiega Nicola Ghezzani, psicoterapeuta a Roma, autore di volersi male (Franco Angeli).

“Questo atteggiamento, legato a un’immagine negativa di sé, è un modo per svalutarsi”. Si preferisce soddisfare l’altro piuttosto che sè, con tutte le frustrazioni che ne derivano: una certa rabbia verso se stessi per avere accettato un incarico, un invito o un progetto non desiderati e il risentimento verso chi ha saputo ottenere da noi quello che voleva. “Dire di no modella la propria identità e permette di capire cosa si vuole davvero”, precisa Ghezzani. “Chi non sa rifiutare nulla non cresce”. Alla insoddisfazione si aggiunge anche la non considerazione da parte dell’altro. Come fidarsi di chi risponde sempre in modo affermativo? il si è un vero si o un falso no? Sono la credibilità e l’onestà dell’eterno consenziente a essere messe in discussione.

Restare un bambino obbediente

Rifiutare, disoobedire, dire no? I genitori, gli insegnanti e professori ce lo hanno spesso proibito. “Chi non osa imporsi è rimasto in un rapporto infantile con l’autorrità”, afferma Ghezzani. “Si tratta per lo più di persone che hanno mantenuto una relazione di dipendenza verso i genitori”. Attorno ai 2-3 anni, il bambino è in bilico tra due tendenze opposte: da una parte vive la fase dei “no”, vale a dire la presa di coscienza della propria autonomia, che esprime opponendosi di continuo a mamma e papà, dall’altra ha paura di essere abbandonato e di perdere l’amore dei genitori. “Anche se non si è sottomessi a un’educazione particolarmente rigida o a ricatti affettivi (“Se continui a dissobedire non riuscirò a sopportarti”), queste angosce prendono velocemente il sopravvento, spiega la psicologa Marie Haddou, coautrice di saper dire ni, senza sensi di colpa! (Fabbri). Per eliminarle, sembra esserci un’unica soluzione: obbedire.

Un atteggiamento che , in età adulta, si ripropone nei legami sociali e affettivi. Bloccati in questa posizione infantile, si crede allora di non riuscire a sopravvivere a una crisi, un diverbio, un litigio. E’ la paura inconscia del conflitto a guidare questi “signori si”.

Nutrire un’onnipotenza inconscia

La volontà di non deludere l’altro sembra una buona ragione per non dire mai “no”. In realtà, sottolinea Hoddou, l’obiettivo è “soddisfare un sentimento interiore di onnipotenza”. Chi non riesce a opporsi ha scarsa autostima ma, a livello inconscio, non ha rinunciato a essere onnipotente. In ufficio, per esempio, chi dice sempre di sì è l'”eroe” che vuole provare a sè e agli altri di potersi occupare di tutto. Nei legami affettivi, è l’amico più richiesto, sempre disponibile e presente. Così il sì detto a tutti lusinga un ego che, in fondo, si crede unico e insostituibile. L.L. e V.C.

Articolo pubblicato da Psycologies Maggio 2009

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