Vuoto d’amore

cryemotionPerché così spesso le relazioni più infelici sono tanto difficili da rompere e dimenticare?

Rabbia, nostalgia, disperazione che sembrano non potersi attenuare, non finire mai. Le emozioni legate alla rottura di una relazione d’amore sono caratterizzate dall’illimitatezza, sia del coinvolgimento emotivo sia del tempo della sofferenza.

E la depressione nasce proprio da questa dissoluzione dei limiti. Non c’è più un tempo del dolore, determinato, definito, chiuso. Il passato e la nostalgia per le possibilità non realizzate interrompono il cammino della vita. Tutto è invaso dal lutto cronico per la perdita irreparabile e irrimediabile dell’amato.

Spesso la depressione sorge sul terreno fertile di un danno subito nell’infanzia, che ha compromesso la capacità di amare profondamente se stessi e l’altro, e quindi di accettarlo per ciò che è e non per ciò che può dare (attenzioni, cure, risorse emotive).

“La persona si ritrova così a vivere un inferno esistenziale, una sorta di omicidio-suicidio, una valle di lacrime dominata dall’odio”, afferma Davide Lopez, psicoanalista. “La depressione può nascere da un crollo narcisistico (ovvero della propria autostima, dell’immagine di sé) determinato dalla perdita o dalla minaccia di perdita di un oggetto d’amore, con cui l’individuo ha stabilito una relazione troppo stretta, fusionale.

A volte la persona, a causa di una particolare fragilità e immaturità emotiva, trasferisce sul partner le rappresentazioni di un’antica e deludente relazione affettiva, per esempio quella con la propria madre. Se non ha raggiunto una solida autonomia, se non ha sviluppato una distinzione soddisfacente tra sé e gli oggetti d’amore, allora non riuscirà ad accettare e amare il partner per ciò che è.

L’altro verrà vissuto come possibilità di proiettare le immagini che pervadono, dominano ed espropriano la mente”. Questo significa che il compagno viene sfruttato, prosciugato delle sue risorse emotive? “Facciamo un esempio. Quando è la donna a interrompere la relazione, spesso l’uomo ammette di essere stato giustamente abbandonato, perché si appoggiava a lei come un bambino alla madre.

La partner era la sorgente di tutti i rifornimenti narcisistici, una fonte di autostima. Senza la donna, l’uomo perde la stima di se stesso, delle proprie capacità e potenzialità”. L’immaturità emotiva e affettiva, dunque, porta con sé il bisogno di circondarsi di persone molto dedite e oblative? “Sì”, risponde Lopez. “L’amato deve offrire continuamente, a volte sino all’autosacrificio, amore, attenzioni, cure, gratificazioni.

L’individuo si abbevera avidamente, senza mai essere sazio. Una persona sana e matura, invece, trova le fonti dei “rifornimenti narcisistici” in una relazione di coppia dialogica e costruttiva, ma anche nel confronto con il proprio Io ideale (cioè con gli aspetti di se stesso che spingono verso il futuro, la crescita e la maturazione). Sebbene affranto per l’abbandono, conserva la sua unità nel dolore.

Lo vive intensamente, senza sfuggirlo, ma non indulge in esso masochisticamente”. Non ha cioè bisogno di manipolare e sfruttare l’altro per sentirsi valorizzato e stimato. Ma come liberarsi dalla prigionia della depressione da abbandono? “Saltando nel vuoto. C’è un momento sconvolgente, inatteso e liberatorio, in cui l’individuo è colpito dal lampo della consapevolezza di poter eliminare l’oggetto d’amore che lo perseguita e lo vampirizza, a condizione di eliminare anche quel se stesso deformato, intransigente e luciferino che disprezza profondamente, ma al quale rimane attaccato.

Quando ciò accade, vuol dire che si è creato quello spazio mentale, quel vuoto che permette la consapevolezza, il disincanto, la libertà. È allora che il paziente può dire: “Che bellezza, posso fare a meno di lei (o di lui)”. Sappiamo che le parole sono azione. Hanno un significato terapeutico potentissimo. L’autonomia si realizza attraverso le parole. Eliminare il Sé luciferino significa aver superato il bisogno di essere amati a tutti i costi, e quindi di manipolare l’oggetto d’amore.

L’individuo è diventato persona, ha ritrovato un se stesso più vero, libero di provare sentimenti positivi e negativi, modulando emozioni, conflitti e ambivalenze. Non si fa espropriare e non espropria. È capace di stare solo e di sentire il desiderio dell’altro, riuscendo a stabilire un duraturo rapporto d’amore tra persona e persona”. E a riscoprire la passione per l’esistenza.

John, Jackie e gli altri “Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto, perché ho amato”. Questo diceva Eleonora Duse di Gabriele D’Annunzio. L’ultimo scià di Persia, Reza Pahlavi, pianse ai microfoni nell’annunciare di aver ripudiato Soraya, “la sposa adorata, colei che negli ultimi sette anni ha diviso con me tutti i miei dolori e mi è sempre stata compagna fedele”, ma che non poteva dargli un erede.

E ancora oggi, a 25 anni dalla morte di Luchino Visconti, Helmut Berger lo ricorda con infinito rimpianto: “Ero suo, lo sono ancora, lui mi guida e mi punisce”. Amori e furori (Rizzoli) è il libro in cui Laura Laurenzi, inviato speciale di La Repubblica, ha raccolto le grandi passioni del XX secolo. Amori maledetti, come quello tra Adolf Hitler ed Eva Braun o tra Elena Petrescu e Nicolae Ceausescu.

Amori che i protagonisti hanno pagato a carissimo prezzo, come quello tra Wallis Simpson ed Edoardo VII o tra Woody Allen e Soon Yi. Amori che di volta in volta si sono intrecciati alla politica (John Kennedy e Jacqueline Bouvier), alla filosofia (Hannah Arendt e Martin Heidegger), all’arte (Yoko Ono e John Lennon), cambiando il volto dell’ultimo secolo. Tutti sono raccontati nei dettagli storici, ma anche in quelli più intimi e teneri.

di Silvia Biorcio

Fonte: http://dweb.repubblica.it