Corteggiamento femminile

Ma chi ha detto che a corteggiare debbano sempre essere gli uomini? I ruoli sono cambiati, non sono più rigidi fissi. E anche le donne, giustamente, si pongono il problema di avere una parte attiva nel corteggiamento.

Il desiderio delle donne di essere anche loro a corteggiare è legittimo e naturale. Come abbiamo visto nell’introduzione al dossier, il corteggiamento permette di dar vita a un sogno, un sogno d’amore. E’ possibile fare la corte a una persona che per il momento non è interessata, ma che potrebbe venire sedotta da attenzioni, premure, gentilezze. Una persona impegnata in questa attività vive un momento creativo, può esprimere la sua personalità, farsi conoscere e valere, anziché dover attendere passivamente l’iniziativa altrui.

Giusto dunque il desiderio femminile di ritagliarsi un ruolo più attivo. Ma per il gentil sesso corteggiare è più difficile: abituati da sempre ad essere cacciatori e non prede, molti uomini si spaventano di una donna intraprendente, la trovano aggressiva, e possono reagire anche male, dandosi alla fuga. Le pioniere che sfidano la tradizione dunque devono sapere che rischiano: ci sono uomini che sono pronti alla novità, altri che, pur sconcertati, l’accolgono positivamente (e succede specialmente agli uomini timidi, ben felici di essere salvati dal compito rischioso di esporsi); ma c’è anche chi potrà giudicarle con severità. Gli stereotipi resistono: un uomo che fa la corte è normale, una donna “corre dietro ai pantaloni”, probabilmente perché “nessuno la vuole”…

Cosa fare, rinunciare? No: è sempre sbagliato lasciar perdere un sogno, e dunque è bene che le donne insistano. Ma per realizzare i sogni è bene tener conto della realtà: se molti uomini hanno paura, allora le modalità non dovranno essere mai aggressive, mai frettolose, ma sempre dolci e rassicuranti...

E invece spesso c’è nel corteggiamento femminile qualcosa che “stride”. Succede per un motivo molto semplice. Spesso le donne prendono l’iniziativa non perché desiderino nel profondo un ruolo attivo e creativo, ma solo perché devono colmare le carenze e i vuoti dell’azione maschile. Non telefonano a un uomo perché hanno voglia di farlo, ma solo per l’ansia: la chiamata di lui sta tardando… Non lo invitano a un concerto per condividere la passione per la musica, ma solo perché temono che altrimenti lui non si deciderà mai…

Ma quando ansia e paura sono la molla delle azioni, queste risultano impercettibilmente più stonate, meno armoniose, meno convincenti. La donna stessa che agisce per paura parte già perdente. Meglio sarebbe allora prima sconfiggere i timori dentro di sé, e poi decidere se agire un ruolo così attivo o rifugiarsi nella classica passività femminile: se son rose, fioriranno.

C’è da notare poi che in questa cosiddetta “passività” femminile c’è tutto un mondo di significati e sfumature. La donna ricettiva non attende e basta, ma lancia i suoi messaggi d’amore, attira con forze magnetiche e occulte, accoglie le iniziative di lui con tanta grazia da fargli desiderare di ripeterle.
Un ruolo che gli uomini, in un eventuale rovesciamento di parti, non riescono a vivere così bene. Ma le donne hanno avuto secoli per esercitarsi…

Emma Chiaia

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