Vita da single

Vita da single

Cresce in Italia il numero delle persone che vivono da sole e aumentano le loro difficoltà economiche.

MILANO – Non potevano certo saperlo Adriano Celentano e Claudia Mori, quando nel 1967 partecipavano al Cantagiro con la famosa canzone : “Siamo la coppia più bella del mondo e ci dispiace per gli altri che sono tristi”, che quattro generazioni dopo, ben 5 milioni di italiani non avrebbero fatto vita di coppia. E, anzi, avrebbero seguito le orme di Hugh Grant e Bridget Jones, diventati a modo loro dei simboli della vita single. Un fenomeno di dimensioni sempre più ampie anche in Italia, un Paese considerato ancora oggi la patria della famiglia tradizionale, dove i figli “mammoni” (o, per dirla con il ministro Padoa-Schioppa, “bamboccioni”) tendono a ritardare il più possibile – per scelta o per necessità – l’allontanamento dalla casa paterna. La conferma arriva dall’Istat: i single sono l’11% della popolazione, senza contare i 2 milioni di separati, divorziati, vedovi. Negli Stati Uniti i single rappresentano già un quarto della nazione e in tutta la Francia si parla di 14 milioni di “Jjms” (jeunes jolies mais seules): giovani e soli indicativamente dai 25 ai 35 anni.

Per alcuni, è una scelta da esibire con orgoglio. Non a caso l’Anis, l’Associazione nazionale italiana single, ha proclamato il 15 febbraio, “San Faustino”, la Giornata nazionale dei single, una festa simbolica e al tempo stesso una occasione per rivendicare la parificazione giuridica-sociale nei confronti delle istituzioni. La ricorrenza non si festeggia mai in concomitanza con il giorno degli innamorati San Valentino, ma simbolicamente il giorno successivo. Se il vocabolario, alla voce single, recita: «persona che vive sola, soprattutto se celibe o nubile» è importante quantificarne il disagio sociale territoriale che si configura in una nuova morfologia sociale. Mentre il mercato «coccola» questa categoria considerandola più propensa alla spesa, emerge sempre più la difficoltà di essere soli per quanti hanno redditi medio bassi. E il caso non riguarda più soltanto anziani e pensionati. Il sistema statistico nazionale per esempio parla di un paese in cui la precarietà dilaga, ma è generale la sensazione che la povertà sfiori la classe media, tra cui anche i single. Anche nell’indagine realizzata per la Regione Lazio dai ricercatori del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) «Povertà e indebitamento delle famiglie» sono emersi dati oggettivi sconfortanti: il 54,3 per cento si sente povero, i single più degli altri, le donne più degli uomini.

Il riconoscimento sociale

«C’è una questione single che va affrontata al più presto – dice Carmela Rozza battagliera Consigliera del Partito democratico a Milano -. I dati che ci preoccupano sono quelli che provengono dai censimenti dell’anagrafe. Le città sono cambiate e Milano non è più la stessa. I single, sotto la Madonnina, sono la maggioranza della popolazione e cioè 332.987 contro 244.659 famiglie». Una fotografia della realtà che impone scelte nuove agli amministratori. Ma che a tutt’oggi è ancora oggetto di scontro in consiglio comunale. «E’ assolutamente necessario rivedere la modalità di accesso alle domande di edilizia popolare – spiega ad esempio la consigliera del Pd -. Occorre cambiare le regole del gioco perché l’applicazione regionale di questo sistema di fatto non risponde più alla composizione anagrafica della città. Oggi i single nelle domande di assegnazione delle case popolari sono i primi per richiesta e sono esclusi da ogni forma di supporto sociale. La povertà quando è certificata agli atti, non distingue le classi sociali. Essere soli può voler dire, purtroppo rispondere a questi requisiti».

NEL 1971 SOLO 2.061.978 – Sembrano i tempi delle calende greche quando i single nel 1971 secondo l’ Eurispes erano appena 2.061.978, pari al 12,9% del totale delle famiglie. E pensare che solo vent’anni dopo il loro numero era salito a 4.099.970, con un incremento percentuale del 98,8%. La crescita è ulteriormente proseguita, tanto che al censimento del 2001, le famiglie cosiddette unipersonali ammontavano a 5.427.621, pari a ben un quarto del numero complessivo delle famiglie italiane e nel 97,6% dei casi si tratta di soggetti che non sono in coabitazione con altri.

Ambra Craighero

11 febbraio 2008(ultima modifica: 12 febbraio 2008)

Fonte: http://www.corriere.it